Ci sono idoli e idola: i “pregiudizi” Francesco Bacone (1561-1626) li definiva proprio così, Idola. Questa evocativa parola ermetica che sa di magia e di alchimia aveva dunque una connotazione “diversa”. Mi piace richiamarla a noi per suggestione di suono e “somiglianza” anche se con la pittura di Onorio Bravi entriamo nell’ambito dell’arte dove i pregiudizi vanno abbandonati. Qui esistono solo potenti concrezioni primarie di luoghi, divinità, idoli... figure o paesaggi ag- glutinanti di armonizzazione. Qui tutto sembra scaturire dalle profondità della terra e del cielo.
Tenterò allora di individuare un “glossario” in questa sua magica pittura - che si dipana fra mito, sogno e favola - come si trattasse di una Stele di Rosetta.
L’alfabeto che Onorio Bravi utilizza nelle sue opere è fatto di elementi immaginativi posti a sigillo di alluvionali visioni. Si va dagli “uomini sagoma”, agli “idoli radianti”; dalle “architetture multiple” - siano esse a capanna o turrite - alle “strade fiorite”; dai “soli a geometria variabile” rettangolare agli “alberi spirituali” e ai volti di intenso fuoco interiore. Ogni elemento è così racconto rivissuto, ricomposto pezzo a pezzo. Perlustrazione attraverso una varietà figurale-cromatica gioiosa e tragica. Sono cieli notturni, squarci di un tempo cosmico: mutamenti, danze, rituali, braccia alzate (vittoriose o arrese?), archi, lance, caverne, ombre, incontri, abbandoni...
Una pittura specchio di trasmutazione inesauribile.