Gli artisti... straordinari traghettatori di sogni! Come Onorio Bravi, il nostro pittore-attore romagnolo, che con un corposo nucleo di opere recenti - oltre 100 che abbracciano un arco temporale che va dal 2005 al 2010 - ci propone i suoi “Momenti Contingenti” per questa mostra itinerante a Forlì, Portico e San Benedetto e Cesena.
Dipinti che sono più che mai paesaggi dell’anima, autoritratti diffusi declinati nelle atmosfere del “cuore”. Poi, ancora incisioni rigorose e asciutte che nulla concedono ai virtuosismi; xilografie straordinarie che si offrono al nostro sguardo come tappeti magici d’Oriente e graffiti: tutto a riflettere le magiche figurazioni del suo mondo onirico. Nell’opera di un artista vi è sempre Spirito, Sangue, Cervello, Nervi e Memoria, come sosteneva Cristina Campo.
E ancora Sogno e Emozione, aggiungo io, in una strana, inconoscibile concentrazione eccentrica che porta alla totalità di quella che può essere definita un’Opera-Creatura. «[...] Sangue che circola, nervi che captano, cuore che raccoglie, cervello che filtra, spirito che trasforma». È proprio quanto accade nella pittura-pittura di Onorio Bravi, perché nella sua opera omnia si condensa autenticamente tutta la sua vita. Un rispecchiamento che ricrea la vita stessa. Così, come per Mansfield, ricreare significa «profondamente accogliere, come una pianta le linfe che la nutriscono e il sole che la riscalda: significa accettare e comprendere un’esistenza in tutti i suoi significati, per poterla compiutamente donare all’arte».
“Momenti Contingenti” è un ciclo pittorico che rappresenta il frutto pieno, la sintesi ultima e densa del lavoro artistico del nostro artista. Una coniugazione del senso classico-moderno della forma e del gusto per una pittura che sente più che mai il «bisogno assoluto di una spontaneità nativa, di una panteistica, sempre nuova verginità di cuore». Perché il vero artista guarda sempre, lungamente la vita. È nello smarrimento che si ritrova l’amore più profondo, quello che ci fa sentire completamente parte della vita stessa. I dipinti di Onorio Bravi ci offrono questa via di salvezza... «il mare, la sera che si stende all’orizzonte, i mille rumori sommossi che precedono il sonno, la cantilena di una donna: particolari che palpitano come tenui miracolose fiammelle su uno sfondo d’ombra e sembrano trarre la loro vita appunto dal suo morire. Tutta la sua possibilità di vibrazioni va ad essi perché l’ora si compia nel suo pieno significato e divenga, per così dire, eterna» (C. Campo).
Opere, tutte, di ritmo e di colore. Paesaggi e figure dove tutto si rende necessario sviluppo compiuto, atmosfera di rappresentazione plastica, stato d’animo che è specchio per uno “stato” di cose.
Dove tutto diventa naturale predominio del fatto fantastico risolto in sé. Ecco allora che la realtà onirica si fonde nell’emozione come unica nuda verità di vita. I fiori, le ombre di stilizzati uomini che si cristallizzano nella terra o nel cielo: «indizi metafisici del dramma al quale hanno partecipato per caso e pure fatalmente» (C. Campo). Onorio Bravi nella sua rappresentazione immaginativa non racconta ma attraverso folgorazioni pittoriche si fa parte viva e partecipe dell’individuazione autentica della sua pittura. Hegel giustamente sosteneva - nella sua Estetica - che «l’arte è divenuta un libero strumento che l’artista può maneggiare uniformemente secondo la misura della sua abilità soggettiva nei riguardi di ogni contenuto, di qualsiasi genere esso sia».
Così nei dipinti di Onorio Bravi tutto è vento, stasi, silenzio e colore: paesaggio e visione, riverbero e sogno. Il mare diventa «un gran pozzo d’acqua» e i pini che si stagliano solitari, netti nel cielo plumbeo sembrano scricchiolare come alberi di nave. Così entrano e si fissano per sempre nella nostra memoria. Le sue opere ci raccontano di una ineluttabile solitudine, di un segreto cammino individuale dove le stilizzate sagome di “uomini-ombra” si intrecciano nell’aria dei giochi onirici di enigmi e assorbimenti. Il senso dell’attesa: come se ci aspettasse una rivelazione, come se alla fine della nostra esistenza non ci attendesse se non «la via ciecamente percorsa». Un mondo che pare ricreato nel misticismo di un tramonto caldo simbolico, avvolto nel fruscio di silenziosi terreni fioriti o nei pleniluni dorati delle danze notturne, che nei profili misurati e incantevoli di nude figure femminili magicamente trascolorano negli sfondi pastosi e surreali.
Originarie solitudini come ossessioni. Perché le vere rivoluzioni si svolgono sempre nel silenzio! Altre voci, altri paesaggi... altre visioni remote, perdute, fiere.
Deformati domìni di un non-tempo misterico, che preme al cuore. Essenze che sanno di miracoloso. «[...] non febbre, non delirio, non catena, pure squisita, di allucinazioni. [Perché] la via dell’Eden perduto è forse soltanto la persuasione (sempre assai lenta a formarsi) che “quando le cose accadono, nel modo più naturale, allora tutto è, senza confronti, più meraviglioso”» (Cristina Campo).
In taluni dipinti si coglie una luce e un riverbero spirituale che illumina le tracce di una oscurità sinfonica. Tutto diventa gravitazionale perché anche i lampi della mente e del cuore si incrociano sempre, senza tregua. Anche nella pallida, diafana luce tutto può rifiorire, come necessitato alla vita.
In queste tavole, c’è un qualcosa che ci converte alla verità del sogno come alla legge di gravità, nel centro «dalla cui soglia buia si volgeranno lentamente a risalutare la grazia, in un doloroso pensiero d’amore, verso coloro che per legge di gravità hanno dovuto o dovranno perdere» (C. Campo).
Spesso la vera pittura è pozzo profondo e abisso che ci scioglie miracolosamente alla vita. Nella pittura di Onorio Bravi c’è una meravigliosa coscienza del “nodo” che fortemente unisce le nostre anime nella funzione mediale della bellezza che sola può apporre il sigillo sacro all’immaginazione. Come puro accento di verità capace di trasmutarsi nel tempo. Perché il tempo non si può intorbidire: neppure quando la musica è acerba e l’anima spezzata. Da sempre, nel passaggio amato o forzato dell’esistenza umana - come ci ricorda Shakespeare - attraverso la “violenza morale”, o la grazia dell’arte, non può uscire che l’uomo nuovo.
La pittura di Onorio Bravi si pone sicuramente sul versante del secondo discrimine e per questo si fa due volte poesia: semplice e radiosamente spoglia, essenziale in quella grammaticatura dell’anima trasformativa che respinge ogni menzogna. Strati pittorici di grande potenza dinamica. Punto focale, centralità di linguaggio poetico che si affaccia all’avamposto dell’arte contemporanea, per offrirsi al tempo della vita che è sempre carità profonda.
Perché l’incanto spesso è limpido e perfetto nella sua circostanza espressiva. «L’affermazione dell’opera - scrive Achille Bonito Oliva - è il risultato di una memoria culturale e nello stesso tempo della sua perdita». Ecco allora che storie animistiche sembrano infiammare le tavole di Onorio Bravi, rievocando e denudando quella cornice di quotidianità che ci appartiene e ci connota. I paesaggi e la memoria dei colori delle terre di Algeria che Onorio Bravi porta impressi nell’anima tornano come resuscitati all’incanto della pittura, così come i musicali paesaggi di una Russia sognata, incantata e desertica, immersa nel silenzio visionario di sconfinate notti blu o nei riverberi di ibride guglie dorate. Così, quando scende la notte o sorge freddo il sole nella nostra mente, anche la limpidezza, la fedeltà e il ritmo prestabiliscono schemi pulsionali e si impongono come i migliori sigilli del mondo, misurando palmo a palmo la vita, nei suoi labirintici segreti.
L’artista ci restituisce tutto questo in una prospettiva che affonda le sue radici nelle profondità di uno strabismo prospettico che pertiene alla Mente e al Cuore. Nelle derive del nostro tempo, ecco allora che l’artista presiede e persegue nelle strade dell’utopia e nell’estensione del sogno, per decostruire ogni effimero sistema di distanziamento umano.
Lui, Artista che tutto immagina, tutto conserva e tutto metamorfizza... Costruttore da sempre di spirali e di confini che pongono riparo alle nostre privazioni terrene. Come uno scudo, una sorta di risarcimento spirituale. Partenze e approdi, percorsi, sperimentazioni e naufragi spaesanti nei movimenti obliqui ed ellittici del tempo.
A ben riflettere, ci accorgiamo che la magia dell’arte sta in un doppio paradosso: nell’immediatezza folgorante di uno sguardo che ne cattura l’empatia e negli abissi profondi del suo emigmatico linguaggio. Per approdare alla luce ha bisogno di attingere ai depositi del nostro immaginario, deve poterci “attraversare”, per affiorare simpaticamente. Verticalità di immagine e di pensiero. L’opera d’arte gioca tutto anche sul “rinvio”, su di un secondo appuntamento, sul ritorno e sul distanziamento. Talora anche sul colpo di fulmine, come in ogni folgorante innamoramento. Perché «il tesoro dell’arte non è soltanto il deposito dell’immaginario, ma anche la sua misura» (A. Bonito Oliva).
Ecco allora che in questa magica stagione di grazia e di prova, queste emblematiche costellazioni di fantasia gravitazionale che Onorio Bravi ci offre si fissano nel fuoco alto dello Spirito dove solo la luna fiorisce. Per quel “magico respiro” che Onorio Bravi sa evocare e pertuare per l’attimo del “qui e ora” della nostra breve esistenza.